Il sole del deserto sarà il nuovo El Dorado. Fantasia? Accanto alla cementeria di Ait Baha, vicino ad Agadir, un megastabilimento ai margini del Sahara, si trova un impianto solare termodinamico.
Il termodinamico, o “solare a concentrazione”, sfrutta l’irraggiamento del sole e la capacità di concentrarlo con appositi specchi per produrre calore e, di conseguenza, elettricità. Per arrivare a tale risultato vengono utilizzati dei “collettori parabolici lineari“. In parole povere, una fila di enormi specchi a forma parabolica che si estende per oltre 300 metri. I raggi convergono sui tubi, che a loro volta scaldano un fluido che verrà utilizzato in seguito per produrre energia elettrica tramite una turbina.
Tale tecnologia, utilizzata principalmente in Spagna e nel Nord Africa, è presente anche in Italia nell’impianto Enel di Priolo Gargallo. Il campo solare marocchino, invece, è di proprietà della Ciments du Maroc, una controllata di Italcementi.
Ogni collettore è lungo 216 metri, per un peso di 1700 tonnellate ciascuno. Per sostenere un simile peso, la Italcementi sta costruendo travi con forma oblunga di calcestruzzo, per poter meglio reggere il peso di ogni collettore. Le travi non sono ferme, ma si devono muovere su cilindri studiati per reggere fino a 5000 variazioni di grado nell’arco di 15 anni.
Il progetto consentirà di arrivare fino a 0,2 megawatt, per un costo complessivo di circa 3,5 milioni di euro. Di sicuro c’è molto da lavorare prima che un simile “esperimento” possa generare economie di scala in grado di replicare il modello in maniera più ampia, ma tra i benefici occorre ricordare che parte del calore può essere utilizzato per altre operazioni, come essicare delle materie prime o rifiuti. L’obiettivo è, ovviamente, l’indipendenza energetica. Se l’esperimento avrà un buon risultato ci sono concrete possibilità di un suo utilizzo anche in Italia.